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Nel grande spettacolo geopolitico del Ventunesimo secolo, dove l'assurdo si confonde con il reale e la distopia diventa prassi amministrativa, l'amministrazione Trump ha regalato al mondo intero un'opera d’arte concettuale: l’invisibilizzazione sistematica della scienza. E non parliamo solo di cambiamenti climatici bollati come “invenzione cinese”, ma di un vero e proprio capolavoro nel negazionismo istituzionale, dove esperti ed evidenze scientifiche vengono trattati con la stessa deferenza che un gatto riserva a un bicchiere sul tavolo: pronti a buttarli giù.

Ma ogni disastro porta con sé un’opportunità. Ecco quindi che, tra un tweet sulle lampadine che fanno sembrare “più brutti” e l’ennesimo taglio ai fondi per la ricerca medica, l’Europa potrebbe finalmente trovare il suo momento di gloria: diventare la Mecca dei cervelli americani in fuga.

“Fatti? Non ne abbiamo bisogno!”

Nel mondo trumpiano, la verità è un’opinione e il metodo scientifico una perdita di tempo. Perché preoccuparsi di modelli epidemiologici, quando puoi avere il dottor Trump che suggerisce iniezioni di disinfettante in diretta TV? A che servono i climatologi, se basta guardare fuori dalla finestra per sapere che “fa freddo, quindi il riscaldamento globale non esiste”?

In questo contesto illuminato, gli scienziati statunitensi si ritrovano come pesci fuor d’acqua, o meglio, come biologi marini in un governo che crede che l’oceano sia un’invenzione di Hollywood.

L’Europa, terra promessa (con peer-review)

Ed ecco l’Europa, quel vecchio continente con le sue fastidiose regolamentazioni, le sue noiose accademie e la sua ossessione per i dati empirici. Ma improvvisamente, sotto l’ombra della Casa Bianca anti-scienza, Bruxelles, Berlino, Parigi e persino Roma (quando non è impegnata in uno scandalo) iniziano a sembrare attraenti.

Le università europee possono ora lanciare campagne di reclutamento con slogan accattivanti tipo:
“Qui i laboratori hanno più finanziamenti della squadra di football!”
oppure
“In Europa, le conferenze non iniziano con una preghiera contro l’evoluzionismo!”

Una brain drain all’incontrario?

Pensateci: l’Europa ha per decenni pianto per la “fuga dei cervelli”. Ora, grazie a Trump, è arrivato il contrappasso: la “fuga dei cervelli americani”. Un vero Rinascimento 2.0, con neuroscienziati del MIT che migrano verso la Normandia, climatologi di Stanford che trovano rifugio nei Paesi Bassi (dove il livello del mare è preso molto sul serio), e virologi che scappano da Washington per abbracciare l’abbronzatura scandinava delle conferenze in Svezia.

Make Science European Again

Trump, forse senza volerlo (ma ormai il dubbio è metodologico), sta facendo per la scienza europea quello che l'UE non è mai riuscita a fare: renderla sexy, attrattiva, libera. Sta trasformando l’Europa da vecchio continente burocratico a paradiso accademico. Non sarà la Silicon Valley, ma almeno non ti dicono di curare il cancro col Gatorade.

E allora diciamolo: grazie, Donald. Continua così. La prossima generazione di Nobel, quella che lavorerà tra Vienna e Lione, ti deve almeno un brindisi. Di disinfettante, ovviamente.