La qualificazione giuridica di un contratto di servizi cloud risulta essenziale al fine di determinare quale sarà la disciplina giuridica che si renderà applicabile ai rapporti tra le parti contrattuali (PA e fornitore) e, di conseguenza, quali clausole è opportuno che siano presenti nel contratto. Si possono al riguardo riportare alcune valutazioni espresse in [BEL11]:

“Da un lato, con particolare riferimento ai sistemi di cloud computing di tipologia SaaS ed alla loro riconducibilità al fenomeno dell’outsourcing, una parte degli interpreti, ritiene che il contratto che si stipula per l'utilizzo di un sistema di SaaS possa inquadrarsi nello schema dell’appalto di servizi. Dall'altro lato, altri 20 autori, non condividendo la tesi sopra enunciata, sostengono che quello di fornitura di servizi di cloud computing rappresenti una particolare figura di contratto atipico.”

[BEN08] precisa che l’inquadramento del contratto di cloud tra quelli di appalto di servizi comporta che:

“la prevalenza di una prestazione di fare, avente ad oggetto la fornitura di uno o più servizi software o di altra natura, unitamente alla presenza di una organizzazione dotata di mezzi e gestione propri ed al pagamento di un corrispettivo sono tutti elementi che fanno propendere per la configurabilità di un appalto di servizi, sia pure avente ad oggetto prestazioni continuative o periodiche. La prima diretta conseguenza di tale inquadramento è che l'obbligazione dell'appaltatore costituisce una obbligazione di risultato, anche se nella pratica non mancano casi di soggetti interessati a far figurare nel contratto i propri obblighi come di mezzi.”

Alle stesse conclusioni perviene, dopo ampie argomentazioni, anche [BEL11] concludendo che si può ritenere in via generale - salvo casi particolari - che il contratto di fornitura di servizi di cloud rientri nella categoria dell’appalto di servizi disciplinato dagli articoli 1655 e ss. del codice civile. La dottrina che invece sostiene che il contratto di cloud vada collocato tra i “contratti atipici” parte dalla considerazione in base alla quale (sempre con riferimento ai contratti di tipo SaaS) i servizi non vengono realizzati di volta in volta per i singoli utenti, ma questi ultimi si limitano ad utilizzare servizi già precedentemente realizzati. Tale circostanza non consentirebbe di far rientrare il contratto cloud tra quelli di appalto di servizi. Tale dottrina ritiene, invece, che occorre considerare le peculiari caratteristiche del contratto che consente all’utente, tramite internet, di collegarsi ai server del cloud provider senza vincoli legati all’ubicazione fisica dell’utente medesimo, assicura una notevole flessibilità e scalabilità dei servizi che possono essere utilizzati sulla base dell’esigenza dell’utente, commisura il prezzo del servizio all’effettiva intensità di utilizzazione dello stesso. Tali peculiari caratteristiche porterebbero a qualificare il contrato cloud (di tipo SaaS) tra i c.d. contratti atipici. Sulla base di quanto ad oggi valutabile riguardo la qualificazione giuridica del contratto di cloud computing, con particolare riferimento alla tipologia SaaS, e considerata l’attuale assenza di specifiche disposizioni normative e interpretazioni giurisprudenziali al riguardo, si ritiene che la qualificazione giuridica dei contratti in esame più convincente sia quella di un appalto di servizi disciplinato dalle disposizioni del codice civile applicabili anche in caso di appalti pubblici di servizi, come espressamente previsto dalle disposizioni del Codice degli appalti (D. Lgs. 163/2006).